Fernando R. Mieli
“Felice colui che ha potuto conoscere la causa delle cose” diceva Virgilio quando molto probabilmente si riferisse a Lucrezio, poeta del piacere e del tormento e filosofo romano vissuto negli anni 50/90 a.C. . Scrisse De Rerum Natura: un’opera d’arte poetica di impegno nella ricerca della natura delle cose con grande forza visionaria e che non è mai stata cosi attuale.
Il De Rerum Natura sembra pensato da Lucrezio come un poema epico che contiene un’interpretazione complessiva non solo della natura, ma anche della storia umana: si apre con l’invocazione a una divinità (inno a Venere) e si chiude con la dedica ai fenomeni naturali e con la drammatica descrizione della peste di Atene.
“La Peste di Atene Una cosa , in tale frangenti era miseranda, e molto,sopra ogni altra, penosa: ognuno, quando si vedeva assalito alla malattia, come se fosse condannato a morte, perdendosi d’animo giaceva col cuore adolorato e, rivolto a visioni funeree, esalava l’anima in quel punto stesso. E infatti il contaggio dell’avida malattia non cessava in alcun momento d’attaccarsi dagli uni agli altri, come se fossero lanute pecore e torme di cornuti bovi. E questo soprattutto acumulava morti su morti. Giacchè tutti quelli che evitavano di visitare i congiunti malati, mentre troppo bramavano la vita e temevano la morte , li puniva poco dopo con morte turpe e trista, derelitti, privi di soccorso, la fatica, cui allora li costringevano a sobbarcarsi il senso dell’onore e la carezzevole voce dei languenti con mista una voce di pianto. Questo genere di morte affrontavano, dunque, tutti i migliori…e l’uno sugli altri, gareggiando nel seppellire la folla dei congiunti; tornavano spossati dal pianto e dal cordoglio; poi, in gran parte s’abbandovano sui letti per l’angoscia.”
Tra passato e presente ci racconta sul Corriere della Sera del 12/03 il docente di italiano e latino al Liceo Scientifico “Leonardo” di Milano e professore a contratto all’Università degli Studi di Milano Marco Ricucci La lezione di Tucidide Il Coronavirus ai tempi di Atene. “E i medici non erano capaci di combatterla, perchè non la conoscevano. Infatti loro erano nella situazione di curarla per la prima volta…Fece la sua prima apparizione, a quanto si racconta, in Etiopia, oltre l’Egitto; poi dilagò anche nell’Egitto, in Libia e nella maggior parte del regno di Persia. In Atene piombò all’improvviso e i primi a subirne il contaggio furono gli abitanti del Pireo…”è un racconto antico quello di Tucidide, storico di uno dei conflitti più violenti della storia greca, cioè la Guerra del Peloponeso, tra le due superpotenze del V a.C., cioè tra Atene e Sparta. Ma se noi sostituiamo il nome delle località con i nomi geografici della cronaca di oggi, forse possiamo essere d’accordo con l’antico detto: Historia magistra vitae. La storia maestra di vita. Di oguno di noi, in quanto essere umano. Donne e uomini di oggi.
È proprio molto suggestivo che Lucrezio termini il suo poema in questo modo anticipando qualche aspetto del Coronavirus e che lo faccia tessendo una sorta di legame con l’inizio: tutto si crea, tutto si distrugge; Venere fa nascere la vita, una pestilenza la distrugge. È l’esemplificazione di quello che un grande lettore di Lucrezio, Ugo Foscolo, avrebbe chiamato “la forza operosa”: l’uomo si sforza di creare le sue città, le sue leggi; Atene è al culmine della sua potenza, l’umanità sta vivendo l’epoca d’oro di Pericle, eppure qualcosa de imponderabile, che sfugge al calcolo umano, si manifesta e devasta. È una forza naturale e cieca, una pestilenza: la natura interviene a distruggere, così come è intervenuta creando.
Lucrezio aveva idee troppo azzardate per la vita romana: la ricerca di un’interpretazione razionale della natura e l’abbandono delle false credenze e superstizioni portarono forse a credere che Lucrezio non fosse molto allineato con la politica, tanto che, secondo la storia fu esiliato.
Cosí come Lucrezio, Einstein fu esiliato, dopo avere vissuto a Praga, in Svizzera e negli Stati Uniti non fece ritorno in Germania. Vogliamo credere che Einstein, come cittadino del mondo, intendesse la razionalità come “un comportamento che offre vantaggi agli interessi dell’umanità intera”, e specialmente l’interesse della specie umana di sopravvivere, che sarebbe proprio ciò di cui ora ha bisogno l’umanità!
Sembrerebbe che essere cittadino del mondo sia una condizione naturale del uomo, che abbia tentato di comprendere come si possa giungere ad un solo mondo, ad una legislazione globale che possa rendere il mondo “pacifico in eterno”, dove, cosi come per Lucrezio, nei libri dedicati alla fisica, materia e spazio non hanno limiti, sono infiniti (un’idea che, per certi aspetti, anticipa singolarmente la teoria di Einstein); gli atomi si compongono e di disgregano in un ciclo infinito, incontrandosi in modo casuale, secondo un principio di deviazione spontaneo.
In un mondo composto da “stati sovrani” è molto difficile pensare in un unico paese, in un cittadino protetto da un futuro sicuro, ma sopratutto che possa sostenersi da solo o in communità dai grattacapi, inserito al’interno di una realtà compatta, unita,confinata. I potenti usano le risorse disponibili per affrontare i propri problemi assumendo responsabilità rinchiuse dentro quatro pareti, le proprie frontiere isolate, segregate, trincerate, piene di carri armati in guerra tra frazioni interne di potere e tra coloro che sono stati “privilegiati maggiormente dalla natura…”Assumendo un ruolo dominante all’interno del prototipo solitario e vacillante che oggi si fà chiamare Europa, una Europa della civiltà? della solidarietà? Ma quanto vale la vita umana se ormai si sono chiuse tutte le porte di entrata e uscita? Dappertutto il potere posto nelle mani dei potenti più cinici e pericolosi che non risparmiano atti abominevoli per uccidere, sfruttare o discriminare.
Pare sia inevitabile e realista dimenticare la “sovranità formale” e considerare una soluzione di integrazione semplice ma efficace non più ormai per risolvere le insoddisfazioni personali di mercato di una “elite-intelligente” , ma dove lo Stato, sí ogni stato, assumendosi personalmente la responsabilità per ciò che accade, ponga tutti gli sforzi disponibili e possa riuscire ad arrestare la peste del 2020, apparentemente sempre crescente e possa, con urgenza, trovare un nuovo sistema economico, cibo, lavoro ed assistenza, rapporti sani: una forma superiore di rispetto e di giustizia globale, un’ordine nata dal caos, prima che il calderone trabocchi.
A quale Venere dobbiamo rivolgerci per superare le tragedie biologiche con tutte le nostre forze?! Saremo disposti a tutto pure di non morire? In fondo nelle piccolezze e fragilità del’uomo bisogna seguire la straordinaria intuizione di Lucrezio: lo scopo della vita è il piacere, inteso come assenza di dolore fisico.
Libro 2 De Rerum Natura
“È dolce, mentre nel grande mare i venti sconvolgono le acque, guardare dalla terra la grande fatica di un altro; non perchè il tormento di qualcuno sia un giocondo piacere, ma perchè è dolce vedere da quali mali tu stesso sia immune. Dolce è anche contemplare grandi contese di guerra apprestate nei campi senza che tu partecipi al pericolo.”