Fernando R. Mieli
Ci sono milioni di dollari investiti nella ricerca di composti chimici da mandare in campo come proiettili nella guerra contro il cancro, i virus, Covid-19, i batteri, le malattie del cuore e del cervello…
“Questo è l’Occidente che ha preso per buono il mito del cyborg, la creatura nata dall’incrocio tra l’uomo e la tecnologia, immortale e potente. Che ha puntato tutto sulla chimica, le fibbre ottiche; la materia non vivente insomma, nella certezza di poterne fare bacchette magiche per garantirsi la felicità. È l’Occidente che non sopporta l’idea di avere un limite dettato dal tempo biologico della nascita e della morte, né un limite dettato dallo spazio”, come descrive Daniela Minerva il 21 giugno 2001 sul’Espresso, aggiungendo: “A questo, a sentire i filosofi, ci ha portato l’ambizione smisurata degli scienziati che dal Seicento a oggi hanno operato una potente scissione tra la mente (l’intelligenza) e il corpo e trattato quest’ultimo come una materia manipolabile all’infinito. Per i fan della via tecnologica alla felicità, tutto va bene e di questo passo andrà sempre meglio: arriveranno nuovi farmaci capaci di pulire il Dna e liberarci delle malattie; nuove macchine per vivere a pieno la realtà virtuale e godere di amicizie, amori e avventure via Internet senza viverle concretamente; nuove tecniche per estendere anche agli uomini la possibilità di procreare; e così via. Secondo i nostalgici del naturale, invece, mal ce ne incoglierà perchè abbiamo rotto per sempre il nostro patto con la natura e ci aspetta un’appocalisse di morbi misteriosi, cyborg ribelli, fenomeni atmosferici devastanti. E chi più ne ha più ne metta.”
Ricordandoci il Seicento, in questi momenti di necessità, di coraggio e di concezioni della vita del rinascimento rispetto a quella medievale. Ci viene in mente una figura chiave della storia delle idee: Giordano Bruno (divenuto un’icona del libero pensiero) – il primo motore è l’inteletto – ed ad ispirarci i pensieri con la sua filosofia: “ ci si aggradisce l’animo e ci si magnifica l’intelletto”.
Giordano Bruno nasce a Nola, vicino Napoli, nel 1548 da una nobile famiglia campana. Sin da ragazzo averte la vocazione al sacerdozio e appassionato di teologia e filosofia antica e moderna, dotato di animo irrequieto e fervido acume non incline all’accettazione di dogmi senza averli prima sviscerati nel profondo. Gradualmente matura la convinzione panteistica che Dio è l’universo pur nella sua molteplicità: ma in tempi di piena Controriforma (attivismo nuovo verso il protestantesimo, che la storiografia indica come Riforma Cattolica dalla chiusura del Concilio di Trento), forse i più bui nella storia della Chiesa cattolica romana, la sua teoria gli costa l’accusa di eresia.
Per ordine del Papà Clemente VIII Giordano Bruno viene brucciato sul rogo a Roma, in Campo de’ Fiori, il 17 febbraio 1600, all’età di 52 anni. In questo stesso luogo, nel 1889, su iniziativa di un folto gruppo di uomini di cultura, Francesco Crispi (nato a Ribera nel 1818, politico italiano e figura di spicco del Risorgimento, fu uno degli organizzatori della Rivoluzione Siciliana del 1848) erigerà un monumento in sua memoria.
Nel secondo Novecento, ci spiega Cesare Medail su Corriere della Sera il 10 gennaio 2001, anno della pubblicazione delle opere latine di Bruno, “Opere Magiche”, gli studiosi compresero che magia, astrologia, ermetismo erano parte organica dell’idea rinascimentale di ragione, natura, esperienza: così , le Operre Magiche tornarono al centro. Michele Celiberto, presidente dell’Istituto nazionale di Studi sul Rinascimento e la sua équipe, affermano che Giordano Bruno aveva un’idea naturalistica, quasi fisica dell’operare magico, che liquidava ogni aspetto religioso, astrologico, misterico.
Il mago di Giordano Bruno operava su basi “scientifiche”, senza cercare l’unione con Dio. Capace di riconoscere le gamma infinita delle forme naturali e dei sentimenti umani, mirava ad agire “praticamente” nella dinamica degli affetti. Esemplare è l’introduzione del “De vinculis”, dove Bruno spiega che il mago è “capitano di popoli” deve vincolare gli uomini chiamati ad amministrare la cosa pubblica” nel quadro di una “riflessione sulla vita civile”, in vista dell’universale “renovatio mundi” che vagheggiava.
Magia pratica, dunque, ma sorretta da una visione ontologica. Bruno ritiene l’universo un organismo vivente, dove la materia è in mutamento e sconvolge ogni ordine e gerarchia. Ma l’uomo può padroneggiare la natura con la magia e determinare il proprio destino: attraverso un aspro e lungo processo di purificazione, il mago si sotrae alla condizione bestiale, diventa “sapiente” o “eroe”, il più alto livello consentito all’individuo che può diventare “simile agli dei”, ma non Dio.. Insomma, il principio spirituale che si muove nell’intimo della materia è la forza vitale che può abbattere le gerarchie e mettere in comunicazione i diversi piani dell’essere.
Non è chiaro dove Giordano Bruno collochi questi piani dell’essere, se nella realtà empirica oppure oltre: fatto sta che l’uomo-mago non è un oggetto in balìa della natura mutante, ma può governarla per elevarsi. È noto che Giordano Bruno sosteneva la metempsicosi (“la morte non è altro che una dissoluzione di legami, ma nessuno spirito o nessun corpo celeste perisce: c’e solo un continuo mutare di complessioni e combinazioni”, De Magia Naturali), ma si preoccupa anche di individuare un ordine etico – la “giustizia” al posto del “caso” – al interno del ciclo che spinge “le anime individuali a comunicarsi a corpi sempre diversi”: e in ciò è affine al karma delle religioni orientali.”
Nell frattempo ci siamo? Negli ultimi anni prima del Corona Virus osserviamo le novità dall’universo: la comunità scientifica ricava importanti informazioni dalle ultime scoperte per avvalorare teorie o per seguire nuove strade. In termini di ricerche Sandro Iannaccone scrive sulla Repubblica nel 27 giugno del 2018 che “hanno nomi esotici come fractone, barione nascosto, neutrino sterile. Sono le particelle (in qualche caso si tratta addirittura di quasi-particelle, oggetti ancora più bizzarri) scoperte negli acceleratori sparsi ai quatro angoli del mondo e appena entrate a fare parte della grande famiglia dei costituenti fondamentali della materia che forniscono informazioni preziosissime per la comunità scientifica.
Ci sono poi i ricercati speciali, le particelle che sfuggono alle ricerche: la taglia più alta è sulla testa del cosiddetto neutrino di Majorana e ancora, teorizzato nel 1937 da Ettore Majorana e ancora mai osservato sperimentalmente: “Se individuato, il neutrino di Majorana”, spiega Antonio Masiero, vicepresidente dell’Istituto Italiano di Fisica Nuclerare e docente di fisica teorica all’Università di Padova, “potrebbe consentire di risolvere uno dei grandi problemi del Modello Standard, ossia l’asimmetria tra materia e antimateria – quello che spiega perché le particelle di materia (esseri umani compresi) non sono state annichilate dalle loro controparti di antimateria”. In altre parole, se esistiamo potrebbe essere grazie al neutrino di Majorana. Sarà bene trovarlo alla svelta.”
Prima di confonderci le idee ma… non sarà la stessa scienza a ribaltare tutto? A cercare l’intelligenza nella materia, ad affidare al corpo le chiavi per guarire se stesso, a ricostruire, insomma, quel patto con la natura e il corpo che si è rotto nel Seicento? Così la via tecnologica dell’Occidente, per dirla secondo Daniela Minerva con le parole dello scrittore Daniele Del Giudice, “si avvicina alla via spirituale dell’Oriente da sempre basata sulle sole risorse endogene del corpo-mente, intrecciando finalità e modi di questo nuovo secolo più di quanto sia mai accaduto”. “l’animale uomo torna al centro – sono nel corpo umano le potenzialità della nuova scienza, o meglio, per dirla con Del Giudice, nel “corpo-mente”, nel corpo che pensa, come dicono gli orientali. Così il mito trainante oggi non sembra più essere il cyborg, creatura potente e immortale perché potenziata dalla tecnologia prodotta dalla mente dell’uomo. Ma, forse, quello di un Buddha illuminato, reso immortale dalla forza del suo pensiero raggiunta attraverso la conoscenza di sé, uomo dolente e imperfetto.”
Sembra difficile ancora oggi trovare farmaci che imitano il sistema immunitario mentre il mondo rischia di crollarci sulla testa. Per quanto riguarda la lotta contro il Covid-19, ancora non si è trovata la cura. Però viaggiando nelle parole de Giordano Bruno si trova nella nobiltà di uno che poteva sembrare sconfitto l’ultima “opera magica”. Lampas triginta statuarum: testo d’eccezionale bellezza poetica e immaginativa – commenta Michele Celiberto – “è percorsa da una fortissima tensione; da un lato vuol definire un quadro ontologico coerente, dall’altro una praxis che persegua un risultato fuori dalle leggi della natura. Intrecciando il vigore dell’intelletto all’infinita forza creatrice dell’immaginazione, la magia di Bruno individua un itinerario interiore in grado di riscattare la limitatezza umana, trasformando una vicenda naturalmente finita in un’esperienza dell’infinita verità divina”.